venerdì 24 maggio 2019

Cosa porta allo sviluppo?

E’ la natura stessa dell’uomo che porta ad esso, poiché come è espresso all’interno del libro, ‘I quaderni di Serafino Gubbio operatore’, scritto da Luigi Pirandello, la differenza tra noi e le bestie è il senso di inadeguatezza continuo che porta l’uomo ad inventare sempre qualcosa di nuovo che mai potrà salvarlo dalla sua condizione. 
All’interno del libro, in particolare nel quaderno primo, paragrafo terzo, pagina 6, si legge: Perché le bestie hanno in sé da natura solo quel tanto che loro basta ed è necessario per vivere nelle condizioni, a cui furono, ciascuna secondo la propria specie, ordinate; laddove gli uomini hanno in sé un superfluo, che di continuo inutilmente li tormenta, non facendoli mai paghi di nessuna condizione e sempre lasciandoli incerti del loro destino. Superfluo, inespicabile, chi per darsi uno sfogo crea nella natura  un mondo fittizio, che ha senso e valore soltanto per essi, ma di cui pur essi medesimi non sanno e non possono mai contentarsi, cosicché senza posa smaniosamente lo mutano e rimutano, come quello che, essendo da loro stessi costruito per il bisogno di spiegare e sfogare un'attività di cui non si vede né il fine né la ragione, accresce e complica sempre più il loro tormento, allontanandoli da quelle semplici condizioni poste da natura alla vita su la terra, alle quali soltanto i bruti sanno restar fedeli e obbedienti.


La bestia e l'homo faber
(immagini prese via web)
La differenza tra uomo e bestia ricorre spesso nella storia, nella letteratura, per un motivo o per un altro, forse perché l’uomo ha sempre voluto sentirsi superiore agli altri esseri viventi, o forse perché, riferendosi al suo intelletto, lo è veramente.
Ciò  che evince da queste immagini, infatti, è l’uomo che costruisce, l’uomo che usa il suo intelletto,
l’homo faber, la bestia, invece, caratterizzata dai suoi istinti, e dalla sua mancata razionalità, tipica invece dell’uomo.

Nell’ “Enciclopedia Garzanti di Filosofia”, alla voce “progresso”, pagina 901,  Rousseau(1712-1778), introducendo il concetto “perfectibilitè”, ovvero l’idea dell’infinita modificabilità dell’uomo, sia come individuo che come genere, afferma che questa sia una caratteristica che lo distingue da ogni altro animale e ne fa un unicum nell’intero universo. 
Rousseau non è a favore del progresso, in particolare egli afferma che esso porta ad un imbarbarimento della società. Per il filosofo il progresso nelle scienze e nelle arti ha corrotto gli uomini :le nostre anime si sono corrotte nella misura in cui le nostre scienze, le nostre arti hanno progredito verso la perfezione. Arti e scienze sono infatti la conseguenza di un’inutile curiosità e di uno stolto orgoglio  facendo uscire gli uomini dal felice stato di natura in cui si trovano .





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